Prima del fischio d’inizio della prima edizione del Trofeo Gigi Riva, andato in scena ieri sera, un momento di profonda emozione ha catturato l’attenzione. Oltre al CT Gennaro Gattuso, anche Gianluigi Buffon, attuale capo delegazione della Nazionale italiana, ha voluto rendere un sentito omaggio alla memoria del leggendario “Rombo di Tuono”. Le sue parole, cariche di ammirazione e gratitudine, hanno illuminato il legame unico tra Riva e la Sardegna, offrendo una testimonianza preziosa di un rapporto che trascende il campo da gioco.
Il legame indissolubile tra Riva e la Sardegna
Buffon ha sottolineato con forza il profondo legame che univa Gigi Riva al popolo sardo e alla città di Cagliari. “Gigi ha dato tutto sé stesso al popolo cagliaritano e al Cagliari Calcio, portandoli sul palmo delle mani,” ha affermato l’ex portiere. Ma l’omaggio di Buffon si è spinto oltre, riconoscendo il ruolo fondamentale della comunità: “I cagliaritani devono essere orgogliosi di loro stessi, perché se Gigi Riva è riuscito a esprimersi in quel modo è perché loro lo hanno protetto e lo hanno fatto sentire uno di loro. È stato un amore reciproco.” Questa dichiarazione ha messo in luce come l’accoglienza e il senso di appartenenza offerti dalla Sardegna abbiano permesso a Riva di fiorire, creando un’unione indissolubile basata su stima e affetto reciproci.
La lealtà di Riva prima dei Mondiali del 2006
Il ricordo più vivido condiviso da Buffon risale a un periodo di grande turbolenza per il calcio italiano, prima della partenza per i Mondiali del 2006. In quel contesto, segnato dalle vicende di Calciopoli, Gigi Riva, allora team manager della Nazionale, si erse a strenuo difensore dei giocatori e dell’allenatore Marcello Lippi. “Prima di partire per i Mondiali in Germania c’era tanta confusione,” ha raccontato Buffon, “e Gigi, pur essendo un uomo che dosava molto le parole, si aggiornava ogni giorno sulle notizie e andava a fare interviste a nostra difesa.” Questa testimonianza ha evidenziato la lealtà incrollabile di Riva, che “si fidava di noi, sapeva chi eravamo, e per noi si sarebbe buttato nel fuoco,” dimostrando un coraggio e una dedizione che andavano ben oltre il suo ruolo, consolidando il suo status di figura paterna e protettiva per l’intera squadra azzurra.